Perché vegan

Questa è una di quelle domande che una persona vegana si sente fare spesso. “Perché vegana?” Spesso accompagnata da.. “perché addirittura vegana?” oppure da “Perché vegana? Capisco vegetariana, ma vegana…mi sembra troppo estrema come cosa”..

Qui vi racconterò com’è andata la mia storia.

La connessione

Tutto è incominciato una sera, in Puglia, in vacanza. Una sera spensierata, passata con la birretta in mano, al chiringuito di Bari. Col sole del tramonto che ci coccolava, seduti per terra, lì al porticciolo, con le gambe a penzoloni sul mare e le barche ormeggiate che venivano dondolate dall’acqua. Era luglio del 2019 e a pensarci oggi, col senno del poi e di tutto quello che è successo, eravamo davvero spensierati e forse non ce ne accorgevamo.

“Allora a cena andiamo lì dove ci hanno consigliato?” – mi fa il compare- “Sì dai, proviamo, però telefoni tu eh”, rispondo io.

I colleghi pugliesi del compare ci avevano consigliato di cenare in un ristorante di pesce abbastanza conosciuto in zona. Io ero felicissima. In vacanza, a Bari, a mangiare pesce, che poi da quelle parti..mm..spettacolo, fresco, appena pescato. D’altronde lo avevo visto coi miei occhi. Al mattino infatti ero stata anche al mercato dei pescatori che si tiene sempre lì, al chiringuito.

Quindi piena di entusiasmo per l’imminente cena di pesce che mi aspettava, mi dirigo insieme al compare verso questo ristorante. I profumi e la vista dei vari piatti che sfilavano davanti ai nostri occhi davano ragione al collega. Era davvero un posto che meritava.

Insomma arriva il cameriere. Ci chiede, tutto orgoglioso, se volessimo dare un’occhiata al pescato del giorno. Certo, gli rispondiamo. Non ce lo saremmo certo lasciato sfuggire.

Ed è lì, con lo stato d’animo vacanziero, in quel momento spensierato, durante la trepida attesa per la cena di pesce, quando insomma mai e poi mai me lo sarei aspettato che…SBAM! Avviene la magia. Accade quella che i vegani chiamano LA CONNESSIONE.

Il cameriere arriva al nostro tavolo. Ha in mano un vassoio col pescato del giorno. Lo posa sul tavolo, certo di fare una bella figura ai nostri occhi, e inizia a elencare tutti i vari animali che ci sono sopra. Toccandoli. Oltre ai pesci c’era un astice. Un astice che aveva le chele legate con del nastro adesivo giallo. Quando il dito del cameriere lo tocca, l’astice si muove. Si muove e sposta il suo sguardo verso di me. Ecco è lì. Lì, in quel preciso istante, che avviene la mia connessione.

Dentro di me succede qualcosa. Ho la sensazione, fortissima, di uno schiaffone in faccia, e nel cuore. Da quel momento in poi, mai niente è stato come prima. Io ancora non lo sapevo, ma quell’istante durato pochi secondi avrebbe segnato per sempre una linea tra la vecchia e la nuova vita.

Vedere un esserino, legato vivo, completamente inerme, completamente indifeso, completamente impotente, completamente nelle mani del suo aguzzino, mi ha toccato nel profondo. Cioè quell’astice non avrebbe potuto fare niente per salvarsi. Era spacciato. Anche se noi non lo avessimo scelto come cena, lo avrebbe fatto qualcun altro.

Ed è come se avessi empatizzato con quell’animale. E io sono pronta a giurare di aver visto il suo sguardo, arrabbiato e rassegnato, rivolgersi verso di me. Io non me lo dimenticherò mai quello sguardo.

Il vassoio in cui c’era l’astice, legato, ancora vivo

AVVISAGLIE PRECEDENTI

Certo, non era una novità. Cioè, voglio dire, sapevo quale fosse il tragico destino di astici e aragoste. Ma vedere questa cosa con i miei occhi, è stata tutta un’altra storia.

Forse, chissà, era scritto nel destino. O forse il mio cervello ha collegato i vari puntini sparsi qua e là nel corso della mia vita. Come quella volta, un mese prima, a giugno 2019. Quando alla cena di fine anno la mia collega ha iniziato a raccontare i maldestri tentativi del figlio nel cuocere un astice vivo per fare una cena romantica con la sua ragazza. I commensali le hanno chiesto di interrompere il racconto perché faceva impressione a tutti e lei stessa ha detto che non avrebbe raccontato i dettagli macabri che aveva visto nel video che le aveva mandato il figlio, per chiederle aiuto. Già perché quell’astice, quello del figlio della mia collega, mannaggia proprio non voleva stare fermo, cioè non ne voleva sapere di restarsene buono nell’acqua bollente. Così il consiglio di mamma dopo aver visto tale video è stato quello di mettere un coperchio e tenerlo saldamente sopra la pentola.

Oppure chissà, altri puntini che il mio cervello deve aver collegato possono essere fatti risalire a quando ero piccola. Mi ricordo con precisione ad esempio quella volta, da bambina, in vacanza dai nonni. Mia nonna aveva chiesto a mio nonno di raccogliere le lumache in un secchio per cucinarle. Era piovuto, in giro ce n’erano parecchie. Lui si mette all’opera. Ne cattura molte e le racchiude in un secchio (coperto, sennò anche loro sarebbero certo scappate). Appena mio nonno si è distratto, ho istintivamente aperto il secchio e liberato tutte quelle povere lumache.

O magari quell’altra volta, sempre da bambina di 8/10 anni, in cui ho visto un conoscente regalare due conigli vivi, sempre a mia nonna, la quale ha provveduto subito ad ucciderli. Non mi dimenticherò mai i pianti che mi sono fatta gridando tra le lacrime “sei un’assassina!”.

Eppure, che strano… eppure io provengo da una famiglia di campagna che allevava animali. Cioè gli altri miei due nonni erano contadini e avevano una piccola fattoria. Li ho sempre visti uccidere animali, sempre con un certo senso di tristezza e ingiustizia nel cuore, certo. Ma poi me li mangiavo davvero volentieri. E con vero gusto! Li ho mangiati con gusto per 34 anni della mia vita. Andavo anche in giro elogiando il sapore della ‘carne che fa mia nonna’.

E poi, quando ho iniziato a cucinare autonomamente, preparavo regolarmente piatti con carne, pesce, latte, uova. Facevo esperimenti, ricette. Andavo nelle trattorie a cercare la carne buona. Ho anche aperto un profilo Instagram, dove raccontare le ricette che preparavo.

Che strani percorsi prende la coscienza. Un po’ come gli amori di Venditti, che fanno giri immensi e poi ritornano.

COSA È SUCCESSO DOPO?

Talmente strani che sì, quella sera, di quel famoso luglio 2019, nonostante tutto questo scombussolamento interiore..ho ordinato e mangiato la cena di pesce.

Non solo quella sera. Ho continuato a mangiare carne e pesce anche per il mese e mezzo successivo. Solo che…solo che sempre un po’ di meno. Cioè ad esempio ricordo che non finivo la mia porzione e la cedevo al compare (cosa per me decisamente insolita). Non lo facevo per mancanza di fame, ma perché dopo un po’ iniziava a stufarmi. Ricordo la fatica, durante quel mese, nel mangiare cose che di solito invece letteralmente adoravo, come il salmone o il salame.

Poi è successo che è finita l’estate. Sapete quel senso di nostalgia e tristezza che ti prende a fine agosto? Un po’ come quello che ti prende la domenica sera, consapevole che la mattina successiva ricominci una nuova settimana.

Insomma con il compare organizziamo un weekend fuori porta proprio tra fine agosto e inizio settembre. Così, per iniziare settembre con qualcosa di bello.

Andiamo due giorni in Liguria. Il programma prevedeva Camogli, Deiva e invece il 1 settembre (sempre del 2019) sarebbe toccato a Genova. La giornata a Genova era divisa in due parti. La mattina, ahimé, siamo stati all’acquario, mentre il pomeriggio lo abbiamo passato in barca, cercando di avvistare delfini e balene.

Certo, lì per lì, quando ti aggiri tra le vasche dell’acquario di Genova, ignaro di tante cose e senza esserti mai soffermato a pensare a certe tematiche, rimani affascinato da quegli animali, fai tante foto, a volte ti fai anche i selfie con loro, quando sei fortunato e li becchi nella giusta posa instagrammabile..

Ma il pomeriggio poi, quando siamo saliti su quella barca alla ricerca dei cetacei, lì sì che ho provato un’emozione grande, vera, che ha segnato una volta per tutte la fine del periodo di rimuginamento interiore iniziato quella sera di luglio a Bari.

Succede che usciamo dall’acquario, mangiamo un pezzo di focaccia e aspettiamo la barca. Il compare non sapeva cosa saremmo andati a fare. Era una sorpresa che avevo organizzato io.

Saliamo sulla barca insieme ad altri turisti e partiamo. Eravamo diretti verso il santuario dei cetacei, un’area marina protetta, che si estende per 100 mila chilometri quadrati, tra Francia, Sardegna e Toscana. Essendo un’area protetta, essa è un paradiso per questi animali e infatti è davvero popolata e quindi diventa facilissimo poterli vedere.

Quel pomeriggio infatti abbiamo avvistato diversi branchi di delfini. Addirittura abbiamo visto mamma delfino che saltava tra le onde con il figlio, un delfino in miniatura. Che emozione! Altro che quei poveri delfini nelle vasche dell’acquario!

E poi ecco che è arrivata l’emozione più grande..abbiamo visto cinque capodogli!

Il capodoglio ogni tot sale in superficie, fa qualche sbuffo e poi si immerge nuovamente. E quando si immerge, la coda gli spunta fuori dall’acqua. E quando ciò è successo, giuro che ho sentito i brividi per tutto il corpo. Sono animali che non avevo mai visto, immensi, pensate che arrivano anche a 15 metri di lunghezza. E vedermeli lì, a pochi metri, liberi e sereni, mi ha fatto cantare il cuore di gioia. Pensate che la biologa marina che ci ha accompagnati, ci ha spiegato che uno di loro stava mostrando un comportamento insolito, cioè tardava ad immergersi, restando invece con la testa a pelo dell’acqua per osservarci, in quanto incuriosito da noi.

Infine il colpo di grazia..sono addirittura riuscita a fotografare il momento dell’immersione di uno di loro e quindi la sua grossa coda.

Ricordo che l’esperta ci aveva detto di rimanere in silenzio per non spaventarli e infatti avevano anche spento il motore della barca. Ma davvero, quando la coda è spuntata fuori dall’acqua ho proprio avvertito la fatica di tutti i presenti nel trattenere il gridolino di emozione.

Vedere questi animali nel loro habitat, liberi, mi ha fatto capire che è lì che devono stare, a casa loro, liberi di essere ciò che sono. Mi è tornato in mente l’astice di luglio e i delfini visti la mattina all’acquario. In quel momento, su quella barca, sono diventata vegetariana.

COME SONO ARRIVATA AL VEGAN

Quel 1 settembre 2019 abbiamo cenato con un altro pezzo di focaccia e siamo tornati in Lombardia. Non so se nei due pezzi di focaccia che ho mangiato quel giorno ci fosse lo strutto, ma quella volta non sapevo ci potesse essere questa possibilità, quindi per me quello è stato il primo giorno da vegetariana.

Dal giorno successivo, una volta a casa, ho iniziato a non comprare e non cucinare più carne e pesce. Ammetto che in un paio di occasioni, fuori casa, io abbia di nuovo mangiato carne. Diciamo quindi che ho avuto un inizio flexitariano, che però si è estinto subito.

Mentre mi incamminavo in questa nuova fase, mi sono chiesta cosa ne pensasse il mondo là fuori, se ci fossero molti vegetariani, insomma, cosa si diceva in giro? Cosa facevano e chi erano gli altri vegetariani?

Ho iniziato così a cercare un po’ nel web, tra google, YouTube e Instagram. In questo modo ho scoperto tanti profili preziosi, come Cucina Botanica, Giuveg, Veganismo Logico. Ho iniziato così ad informarmi meglio, a guardare documentari e ad ascoltare gli attivisti. Ho capito in breve tempo che vegetariano non bastava. Io non lo immaginavo minimamente, ma anche per le uova e per il latte si torturavano e uccidevano animali. Mi ricordo molto bene il giorno in cui ho guardato il documentario Dominion, su YouTube. Ero sconvolta, ma contenta di averlo visto, perché è grazie ad esso se la mia consapevolezza si è ampliata.

Così ho attraversato una seconda fase, credo abbastanza comune tra i vegani ai loro inizi. Cioè quella di essere vegana in casa e invece adattarmi a quello che trovavo, quando ero fuori. Sì, per paura di dare fastidio, per paura di disturbare, sia i camerieri che i parenti.

Contemporaneamente però, in questa fase, mi erano venuti dei dubbi, figli dei pregiudizi e della cattiva comunicazione sull’alimentazione vegetale da parte di medici e grandi media… “ma non è che mi farà male essere vegana? Cioè io ho già il ferro basso, l’emoglobina bassa, la pressione bassa, i globuli rossi piccolini, sono una che sviene spesso..non è che mi rovino la salute poi se divento 100% vegan? Non è che avrò delle carenze?” Queste le domande che affollavano la mia mente..

Comincia quindi una terza fase in cui inizio ad informarmi sul versante della salute. E, colpo di scena, scopro che non solo è possibilissimo essere vegani, sempre, in tutte le fasi della vita, ma anche che è una cosa salutare! Siamo sempre nell’autunno del 2019 e inizio a seguire altri profili preziosi, come Silvia Goggi, Luciana Baroni, Veggie Channel. Leggo libri, leggo studi, guardo video, ascolto pareri anche di scienziati non vegani, come Franco Berrino o Valter Longo. Insomma, più passava il tempo e più mi tranquillizzavo.

Durante questa fase ho anche aperto un profilo instagram dedicato alle ricette, inizialmente vegetariane e vegane e poi solo vegane, che è il mio attuale profilo, cioè Vegoloso. L’ho aperto soprattutto per l’esigenza sempre più forte di volermi confrontare con altre persone che avessero fatto quella scelta. Per sentirmi parte di una rete. E credetemi.. Se siete neo vegani o se vi state incamminando in questo percorso, è una cosa che vi consiglio tantissimo. Cercate contatti con altre persone che capiscano ciò che state provando. Anche on line, che nella vita reale non sempre è semplicissimo. Io posso dire ad oggi di aver stretto diverse amicizie virtuali con persone con le quali mi confronto quotidianamente e che non vedo l’ora di conoscere dal vivo.

Mancava solo l’ultimo step. Fregarmene dei giudizi degli altri. Cioè, mi spiego meglio. Quando mangiavo vegetariano fuori casa, provavo sempre più disagio. Io non volevo, lo facevo solo per quieto vivere. Era un accontentarmi, anzi, un adattarmi.

La spinta decisiva, l’ultimo passetto mancante l’ho fatto grazie al Veganuary del gennaio 2020. Dopo quel mese completamente vegan, non sono più tornata indietro.

COSA FACCIO OGGI?

Ad oggi porto avanti il profilo Instagram, che si sta popolando sempre di più ❤️ Lì racconto le ricette vegane che preparo, gli esperimenti, le ricette di altri, ricette veloci da fare quando si torna in famiglia, condivido riflessioni, recensioni, video sul veganismo e posti dove mangiare.

Da poco sto dando vita a questo sito/blog, che vedo come un’estensione del profilo. Un luogo dove poter condividere cose senza sottostare agli spazi limitati di Instagram. Vorrei che queste pagine diventassero uno strumento utile da consultare sia per i vegani che per i non vegani.

Da un paio di anni faccio anche attivismo. Ho iniziato con i “cubi” di Anonymous for the voiceless, durante i quali mostriamo ai passanti i video di allevamenti e mattatoi. Ho partecipato anche ai banchetti per la raccolta firme contro la caccia con il Comitato Sì aboliamo la caccia, che ad oggi si è trasformato in Cadapa. Il prossimo obiettivo sarà quello di raccogliere le firme per proporre 3 leggi di iniziativa popolare che riguardano gli animali.

Da quest’anno, 2021/2022, sto cercando di portare tali tematiche anche a scuola, dove lavoro. Sfruttando le ore di educazione civica, ho mostrato ai ragazzi dei video incentrati sull’impatto ambientale dell’alimentazione. Data l’importanza di questa cosa, ho deciso di dedicarci una parte del blog, che si chiama appunto didattica, sperando di fornire spunti e strumenti utili ad altri insegnanti che vogliano fare lo stesso.

Infine, ho in mente tre progetti super meravigliosi + due sogni. I due sogni sono due cose che mi piacerebbe tanto fare, ma chissà, per ora li catalogo come desideri. I tre progetti invece sono realizzabili nel medio termine e voglio iniziare a informarmi su come fare. Ovviamente vi terrò aggiornati 😁

Essere vegan? No, non è difficile. Essere vegan significa semplicemente non finanziare la violenza su altri animali, non finanziare più le loro torture, mutilazioni, la loro prigionia, le loro sofferenze, la loro morte. Essere vegan significa quindi allineare i propri valori di non violenza e di rispetto, con le proprie azioni. Essere vegan significa solo ammettere, riconoscere, che animali come maiali, galline o mucche, siano esseri senzienti esattamente come un umano o un cane e che meritano di non soffrire. Essere vegan significa anche riconoscere come tutte le ingiustizie abbiamo un comune denominatore, ad esempio la “non conformità” a certi standard.

Ed è incredibile come tutto ciò ci faccia sentire allineati all’universo, ci faccia sentire parte di qualcosa, ci faccia sviluppare l’empatia. Insomma una valanga di cose meravigliose. Nel frattempo che si sperimenta tutto questo, si possono mangiare pietanze super golose, raddoppiando ancora il godimento.

Avere il cuore sereno e la pancia felice, non mi sembra così male, no?